di Alessandro Melia
“Per me il cinquanta per cento delle cose che scrivo sono brutte, punto, sarà sempre così, e se non sono capace di accettarlo vuol dire che non sono tagliato per questo mestiere”. E ancora: “Non mi interessa la letteratura che si preoccupa solo di catturare la realtà in maniera tecnicamente impeccabile. Quello che mi fa incazzare di tanta narrativa di oggi è che è noiosa”. Queste due affermazioni appartengono a David Foster Wallace e sono contenute in ‘Un antidoto contro la solitudine’ (Minimum Fax). In un periodo storico in cui in Italia vengono pubblicati oltre sessantamila titoli l’anno, più di centosessanta al giorno, con le novità che vengono esposte non più di dieci giorni nelle librerie, tornare a riflettere su ciò che si sta scrivendo o pubblicando, dovrebbe essere un imperativo sia per gli autori che per gli editori. Anche perchè l’incremento delle opere pubblicate non ha portato ad un incremento delle vendite. Semmai il contrario. Tornare a puntare sulla qualità, come hanno iniziato a fare alcune case editrici indipendenti, dovrebbe essere più di una necessità. Un’urgenza. E David Foster Wallace, scrittore acuto e originale, docente di scrittura creativa, definito dal New York Times “la mente migliore della sua generazione”, ce lo ricorda per tutte le 292 pagine del libro, composto da interviste e conversazioni che spaziano dal 1987 al 2005. “Abbiamo tanta narrativa che si limita a ripetere con voce monotona che stiamo perdendo sempre più la nostra umanità. Non è stimolante”. DFW li definisce i ‘giramanovella’ (pagina 69), “gli omini grigi che prendono i macchinari creati da altri e girano semplicemente la manovella, così che dall’altro lato escano piccole pallette di metafiction. I giramanovella capitalizzano per qualche tempo la loro dose di elogi, aprono un fondo pensione e si ritirano”. Per DFW il compito della letteratura è un altro. “Ciò che è stimolante e ha una vera consistenza artistica- dice Wallace– è cercare di capire come mai noi essere umani abbiamo ancora la capacità di provare gioia, carità, sentimenti di autentico legame, per cose che non hanno un prezzo”.