Se la morte ti ha tolto qualcosa, tu restituiscilo – Naje Marie Aidt

“Non è possibile scrivere in modo artistico del dolore crudo. Non esiste forma adeguata” scrive Naja Marie Aidt a pagina 113 di questo magistrale memoir – finalista al National Book Award e pubblicato in Italia da Utopia editore con la traduzione di Ingrid Basso – eppure la scrittrice danese in qualche modo c’è riuscita, ha saputo inventare una forma di scrittura capace di restituire la devastante esperienza della morte violenta del figlio 25enne. Lo ha fatto assemblando l’urlo al silenzio, la prosa alla poesia, i frammenti alle citazioni, il corsivo allo stampatello, il diario ai lemmi, piegando la punteggiatura al servizio della documentazione. Il racconto della scoperta della morte del figlio Carl viene spezzato e ripreso più volte nel corso del libro, aumentando il carico di angoscia e dolore in chi legge. Il titolo del libro riprende il primo verso di una poesia che Aidt scrisse quando Carl aveva sedici anni. Poesia nata proprio dall’osservazione del figlio, da qui la riflessione che la poesia tra le sue capacità ha anche quella di esprimere un’esperienza che appartiene al futuro. Nella tasca della giacca del figlio, Aidt troverà anche un libricino di poesie di Walt Whitman, che le farà provare una “strana gioia nel pensare che doveva essere un segno”. Tra gli autori presenti nel libro ci sono Joan Didion e C.S. Lewis, le cui opere più note sono scaturite dalla decisione coraggiosa di scrivere della perdita dei propri cari. Si esce dalla lettura annichiliti per il dolore, ma ammirati dalla forza e dal coraggio della Aidt. In Italia, nonostante siamo circondati e dominati da storie private, manca uno spazio dove raccontare la perdita, l’assenza, lo scavo della parola, le connessioni tra poesia e memoria. A volte ci si gira intorno, ma solo superficialmente, un po’ per paura e un po’ perché il tempo è poco e gli spazi sono stretti, eppure è lì che bisognerebbe “tornare” per parlare a chi legge. Sarebbe un andare in controtendenza con il superfluo generale, ma profondamente ancorato alla realtà.

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