di Alessandro Melia
La ricerca di se stessi come missione. Comprendere chi siamo e cosa cerchiamo. Questo conta. Il resto sono più o meno riempitivi di tempo. Nel panorama letterario mondiale non esiste uno scrittore più ostinato a portare alla luce ogni anfratto della condizione umana di Haruki Murakami. Da oltre trent’anni lo scrittore giapponese, che si impose nel 1982 con ‘Nel segno della pecora’, non ha fatto altro che scandagliare l’animo umano, indagare noi stessi, la solitudine dell’uomo e le relazioni con gli altri. In un certo senso Murakami ha rappresentato e continua a rappresentare il successore ideale di quella tradizione letteraria di scrittori interessati a raccontare storie esistenziali e spirituali che nel Novecento vide Hermann Hesse come massimo esponente. Esattamente come fece lo scrittore tedesco con ‘Demian’, ‘Siddharta’ o ‘Il lupo della steppa‘, Murakami parla al cuore delle persone, in particolare dei giovani, che lo seguono con una fedeltà quasi religiosa. Da ‘Norwegian Wood‘ a ‘Dance Dance Dance‘, da ‘La fine del mondo e il paese delle meraviglie’ a ‘L’uccello che girava le viti del mondo’, Murakami è andato alla ricerca della nostra identità. Per farlo ha inserito nelle sue opere una serie di elementi che si ripetono costantemente, come ha analizzato il professore dell’università Senshu di Tokyo, Tsuge Teruhiko, tra i maggiori esperti di letteratura nipponica: dialoghi agili e narrazione di facile comprensione, sviluppo di storie diverse, suicidio di un caro amico o morte di una donna, ricordi e sogni onirici, incontro con un essere soprannaturale che domina le relazioni umane, ma soprattutto ricerca di se stessi, fallimento e conseguente sentimento di perdita.
E’ così anche nell’ultimo romanzo: ‘L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio’ (Einaudi). Murakami narra la storia di Tsukuru, un uomo di 36 anni che conduce un’esistenza solitaria. La sua vita è scandita dal lavoro (costruisce stazioni ferroviarie) e da poche abitudini. Non ha amici, né una meta. Si sente “incolore”, anzi un contenitore vuoto. “Come recipiente, può darsi abbia una forma soddisfacente ma dentro non ho nulla che si possa definire un contenuto”. Eppure chi legge non ha questa sensazione. Tsukuru ha interessi, passioni, e sembra più forte di come si descrive. A cambiare il corso lineare della sua vita sarà l’amore per una donna, Sara, di due anni più grande, che intuisce la sua inquietudine nascosta e lo spinge ad affrontare i demoni del passato. Tsukuru sarà costretto a rivedere gli amici del liceo, due maschi (Aka, Ao) e due femmine (Shiro e Kuro) – i loro soprannomi significano rosso, blu, bianco e nero, quello di Tsukuru non ha colore – ai quali era stato legato da una stretta amicizia fino al giorno in cui, senza nessuna spiegazione, avevano decretato la sua espulsione dal gruppo. Il dolore per l’improvviso abbandono aveva convinto Tsukuru a chiudersi in casa per mesi e a desiderare solo una cosa: la morte. Finché, mutando nel corpo e nell’anima, tornerà alla vita, ma l’ombra di quel rifiuto lo accompagnerà sempre. Sara sa che Tsukuru non sarà libero di amare e di lasciarsi andare finchè non risolverà per sempre la ferita del passato. Cosa c’è dietro l’abbandono degli amici? Qual è il vero motivo? E’ da questo punto in poi che Murakami, con rara abilità, ci trascina dentro il mondo che ha costruito per noi, fatto di battute, sogni, metafore, scene di sesso spinto e citazioni musicali (la colonna sonora del libro è la bellissima ‘Le mal du pays‘ di Franz Liszt). Ogni personaggio ha una storia da raccontare. Ogni personaggio nasconde un segreto. Ma soprattutto ogni personaggio permetterà a Tsukuru di rendersi conto, anche tramite il giudizio che avevano gli altri nei suoi confronti, di non essere quella persona anonima e insulsa che per anni ha creduto di essere. (“Tu, nel nostro gruppo, avevi il ruolo del ragazzo carino che ispira simpatia. Eri un bel ragazzo e seguivi il tuo ritmo. Bastava che ci fossi tu per farci sentire a nostro agio, per farci sentire noi stessi. Non parlavi molto, ma stavi con i piedi per terra, saldo, e questo ci dava un quieto senso di sicurezza. Eri come l’ancora per una nave”). Addirittura scoprirà di essere stato amato profondamente. Ecco quindi che il viaggio dentro se stesso lo porterà a scoprirsi diverso, non più un contenitore vuoto. “E non tutto è andato perduto nel corso del tempo”.
Leggere un romanzo di Murakami non significa solo immergersi in una storia appassionante, piena di fascino e mistero. Significa soprattutto restare coinvolti, entrare in contatto con se stessi, riconoscersi, trovare risposte che cercavamo da tempo, far affiorare quelle verità che facciamo finta di non sapere.